Quando si parla riduzione del consumo di risorse non rinnovabili e delle emissioni di CO2 legate ai trasporti su strada, è come se il mondo fosse fermo in attesa di una qualche rivoluzione tecnologica che ci consenta di salvare la capra dell’attuale (relativa) economicità e comodità di uso dei mezzi attuali, e il cavolo della salvaguardia ambientale.
In pratica attendiamo che dal cielo piova il miracoloso combustibile “amico dell’ambiente”, però con le stesse caratteristiche tecniche ed economiche di quelli fossili.
Il risultato di questo stallo è che i trasporti sono il settore che ha fatto meno progressi verso la riduzione delle emissioni di CO2.
Per esempio nel 1990 i trasporti erano responsabili per il 15% delle emissioni europee, tutte le altre combustioni di carbone, petrolio e gas del 62%; nel 2014 i trasporti erano saliti al 23% delle emissioni, mentre tutte le altre combustioni erano scese al 53%.
Una ricerca statunitense sui comportamenti degli automobilisti
Eppure, ci dice adesso una ricerca condotta negli Usa dall’ingegnere dei trasporti Jessika Trancik del MIT, e pubblicata su Nature Energy (link in basso), che una soluzione ottimale per i trasporti stradali, almeno per quelli automobilistici privati, responsabili di circa il 60% delle emissioni dei trasporti, ce l’avremmo già ed è ben conosciuta: le auto elettriche.
Aspettate a partire con il fuoco di sbarramento delle solite obiezioni «Costano troppo!», «Hanno una autonomia scarsa!, «Ci vuole troppo a ricaricarle!», eccetera. Il gruppo della Trancik, con un lavoro durato 4 anni, ha esattamente affrontato queste obiezioni, scoprendo che, anche se reali, allo stato attuale della tecnologia, sono frutto di una distorta percezione di come veramente usiamo le auto e di quanta energia esse richiedono durante questo uso.
Trancik e colleghi hanno passato gran parte del tempo della ricerca a rendere omogenee in un unico database informazioni provenienti da diverse fonti, come uno studio effettuato in Texas, Georgia e California tramite Gps installato in migliaia di auto, su quale fossero i percorsi giornalieri dei conducenti giorno dopo giorno, o un altro su scala nazionale, fatto dal Ministero dei Trasporti allo stesso scopo, ma stavolta tramite questionari.
I dati sul chilometraggio quotidiano effettivo fatto da queste migliaia di automobilisti americani è stato poi incrociato con i dati meteo dei giorni dei tragitti presi in considerazione, per individuare i periodi in cui riscaldamento o condizionamento si aggiungono in modo consistente ai bisogni energetici.
Le conclusioni della ricerca rivelano che il 90% delle auto negli Usa potrebbe essere sostituito con mezzi elettrici equivalenti già oggi in commercio, in quanto l’energia totale che consumano durante la routine quotidiana rientra nella quantità immagazzinabile dalle batterie.
E non ci sarebbe neanche bisogno di avere ovunque colonnine di ricarica: l’elettricità necessaria per quei tragitti potrebbe essere recuperata con una sola ricarica giornaliera, per esempio di notte presso l’abitazione o di giorno presso il posto di lavoro.
Il costo dell’auto nel suo ciclo di vita
Quanto al costo delle auto, certo le attuali auto elettriche costano 2-3 volte i corrispondenti modelli con motore termico, ma, fa notare la Trancik, se consideriamo anche i costi dell’energia e della manutenzione, estremamente più ridotti nelle auto elettriche, si scopre che nell’intero ciclo di vita dei mezzi i due sistemi di trasporto finiscono per costare approssimativamente lo stesso.
Un bilancio che, oltre tutto, si sposterà sempre più a favore dei mezzi elettrici, via via che le loro componenti, batterie in testa, grazie all’aumento dei volumi di produzione, caleranno di prezzo.
E per i viaggi lunghi?
«Ma, un momento», obietteranno molti, «Ok, è vero, in media ogni giorno faccio pochi chilometri. Ma ci sono periodi, per esempio le vacanze, o lunghi viaggio imprevisti, o anche periodi di intenso freddo o caldo, in cui serve tanta energia per la climatizzazione dell’abitacolo, in cui una attuale auto elettrica non può assolutamente bastare».
La Trancik riconosce questo limite, ma pensa anche che, in attesa che la crescita della capacità delle batterie renda questi momenti di inadeguatezza sempre più rari, li si possa superare con mezzi come il car sharing o il noleggio. Le stesse case che vendono le auto elettriche dovrebbero creare degli schemi innovativi di uso temporaneo di mezzi “convenzionali”, così da andare incontro alle necessità (e alle ansie) dei loro clienti.
Quindi secondo questi ricercatori del MIT, già oggi 9 automobilisti su 10 potrebbero abbandonare i mezzi con motore a scoppio in favore di quelli elettrici, senza pentirsene.
Riduzione reale delle emissioni
Ma, ammesso che le masse ascoltino le loro conclusioni e si gettino voracemente sulle auto a batteria, questo cambiamento porterebbe a una effettiva riduzione delle emissioni?
Anche qui, infatti, c’è la solita obiezione di chi afferma che, in fondo, le auto elettriche non migliorino molto le cose, in quanto l’elettricità che consumano viene in buona parte prodotta attraverso combustibili fossili.
Ebbene, su questo punto Trancik e colleghi non hanno alcun dubbio: anche considerano l’attuale mix di fonti per la produzione elettrica degli Usa, fortemente sbilanciato sui fossili (40% carbone, 27% gas, solo 13% rinnovabili), se il 90% delle auto statunitensi diventasse elettrico, si assisterebbe a un abbattimento delle emissioni dai trasporti pari al 30%, (quindi circa un -10% sul totale) più che abbastanza per raggiungere l’obiettivo del Paese di riduzione assegnato a quel settore da qui al 2025.
E via via che l’elettricità statunitense deriverà sempre più da solare ed eolico, questa percentuale di riduzione crescerà.
Discorso analogo si potrebbe fare per l’Italia: da noi le auto sono responsabili di circa il 20% delle emissioni totali, meno che negli Stati Uniti, ma la nostra elettricità è già per ben oltre un terzo prodotta senza CO2.
Se il 90% del nostro parco auto diventasse elettrico, quindi, anche da noi la riduzione percentuale nelle emissioni nazionali dovrebbe aggirarsi intorno al 10%: la metà del cammino che ci resta da fare per conseguire una riduzione del 40% al 2030 rispetto al 1990, considerato che un -20% l’abbiamo già raggiunto.
Ma considerato che in Italia il parco auto elettriche è al momento circa lo 0,1% del totale, e lo 0,2% negli Usa, nonostante gli auspici dei ricercatori del MIT e le prevedibili evoluzioni della tecnologia nei prossimi anni, sembra che contare su una sostituzione in massa in pochi anni dei propulsori termici con quelli elettrici, come via per ridurre drasticamente le emissioni dai trasporti, rischi di essere quello che gli anglosassoni chiamano un “wishful thinking”, un pensiero pieno di speranza, ma poco concreto.