Gli obiettivi di sicurezza antincendi affidati agli impianti elettrici
Gli impianti elettrici costituiscono sia un potenziale pericolo di incendio in termini di causa di innesco e di propagazione, sia una risorsa indispensabile per la gestione degli scenari incidentali.
La riduzione del rischio di incendi di natura elettrica e la disponibilità delle risorse necessarie per la salva- guardia delle persone e dei beni in caso di incendio ed esplosione richiedono un’attenta valutazione del rischio (secondo l’articolo 80 del D.Lgs. 81/08, ove applicabile) in base alla quale individuare gli strumenti indispensabili (disposizioni di legge e norme tecniche) per poter progettare un impianto a regola dell’arte, ovvero un impianto capace di far fronte a tutti i rischi valutati, oltre che alle prestazioni funzionali richieste.
Le Varianti V3 e V4 della Norma CEI 64-8, pubblicate nel 2017, costituiscono riferimenti di assoluto rilievo per la progettazione antincendio degli impianti elettrici, in quanto introducono nuove misure di sicurezza sia contro il rischio di innesco che contro il rischio di propagazione.
Tra le disposizioni legislative con cui è necessario confrontarsi, un posto di primissimo piano è occupato dal Codice di Prevenzione Incendi, pubblicato con il DM 03/08/2015 e impiegabile per la progettazione di un numero rilevante di attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.
Nell’ambito del Codice, gli impianti elettrici sono disciplinati nella Sezione S.10 le cui prescrizioni, opportunamente integrate, ove necessario, con quelle relative al comportamento al fuoco dei cavi, riportate nella Sezione S2, e con quelle relative ai luoghi con pericolo di esplosione, disciplinati nella Sezione V2, permettono di conseguire i seguenti obiettivi strategici:
- una bassa probabilità di innesco di incendio o di esplosione;
- una limitata propagazione di un incendio all’interno degli ambienti di installazione;
- la compatibilità con le altre misure antincen- dio,conparticolareriferimentoaglielementidi compartimentazione;
- la possibilità per gli occupanti di lasciare gli ambienti in sicurezza;
- la possibilità per le squadre di soccorso di operare in sicurezza;
- la possibilità di gestione in sicurezza dell’im- pianto in caso di incendio/esplosione da posizioni segnalate, protette dagli effetti dell’incidente e facilmente raggiungibili, se- condo specifiche procedure riportate nel piano d’emergenza.
L’introduzione delle due nuove Varianti V3 e V4 consente al progettista di disporre di strumenti più performanti rispetto a quanto già messo a disposizione della Norma CEI 64-8 tenuto conto che:
- la Variante V3 contiene, tra l’altro, alcune importanti modifiche alla Sezione 422 (Protezione contro gli incendi) nonché le nuove Sezioni 532 (Dispositivi per la protezione contro il rischio di incendio) e 538 (Dispositivi di controllo) permettendo, quindi, di migliorare le prestazioni contro il rischio di innesco;
- la Variante V4 disciplina, invece, l’impiego dei cavi rispondenti alle classi di reazione al fuoco previste dalla Norma EN 50575 armonizzata secondo il regolamento UE 305/2011, generalmente più performanti rispetto ai vecchi cavi non propaganti la fiamma (CEI 20-35), non propaganti l’incendio (CEI 20-22) e a bassa emissione di fumi, gas tossici e corrosivi (CEI EN 50267 e 61034).
La Variante V3 della Norma CEI 64-8
La Variante V3 della Norma CEI 64-8 (edizione 2017):
- integra la versione precedente con i seguenti nuovi articoli/capitoli/sezioni:
- articolo 7 della Sezione 422 “Protezio- ne contro gli incendi”;
- capitolo 57 “Coordinamento dei dispositivi di protezione, sezionamento, manovra e comando”;
- sezione 551 “Gruppi generatori a bassa tensione”;
- sezione 559 “Apparecchi e impianti di illu- minazione”;
- sezione 714 “Impianti di illuminazione si- tuati all’esterno”;
- sezione 715 “Impianti di illuminazione a bassissima tensione”;
- sezione 753 “Sistemi di riscaldamento per pavimenti e soffitti”;
- sostituisce integralmente il Capitolo 53, con esclusione della Sezione 534 “Limitatori di sovratensione (SPD)” e della Sezione 537 “Dispositivi di sezionamento e di comando”;
- abroga la Sezione 536 “Coordinamento tra diversi dispositivi di protezione” sostituendola con la nuova Sezione 570.
Da un primo esame delle novità introdotte si può immediatamente notare come molte delle nuove misure siano destinate ad avere un impatto positivo sul controllo del rischio di incendio legato agli impianti elettrici, come più dettagliatamente commentato nel seguito.
In particolare, la valutazione del rischio di un guasto serie, inteso come un qualunque tipo di guasto in serie al circuito che può essere in grado di innescare un incendio per la generazione di elevate temperature e/o scintille e/o archi, rientra tra gli obblighi generali stabiliti sia dall’art. 80 del D.Lgs. 81/08 sia dal punto S.10.5 comma 1.a del Codice di prevenzione incendi.
Nei luoghi a maggior rischio in caso di incendio di cui alla Sezione 751 e nei luoghi soggetti a vincolo artistico/ monumentale e/o destinati alla custodia di beni insostituibili, il rischio di guasto serie è da ritenersi non trascurabile e allo scopo deve essere adottata una delle seguenti misure:
- installazione di dispositivi in grado di rilevare gli effetti di un guasto serie (temperatura e/o luce), attivare un allarme ed eventualmente un intervento di protezione in modo automatico o manuale quali ad esempio, sonde di temperatura, rivelatori ottici, rivelatori di fiamma, rivelatori di fumo, rivelatori termici;
- procedure di verifiche e manutenzione periodiche programmate e finalizzate a rilevare lo stato di tutte quelle parti dell’impianto elettrico caratterizzate dal pericolo di guasto serie (morsettiere, altre connessioni, contatti e simili) in accordo a quanto previsto dalle Guide CEI 64-14 e CEI 0-10;
- utilizzo di dispositivi di ri- levazione di guasti d’arco (Arc Fault Detection Device – AFDD) in accordo con la norma di prodotto CEI EN 62606, attualmente disponibili solo in versione corrente alternata, con tensione nominale sino a 240 V e per circuiti monofase, tenendo altresì presente che tali dispositivi presentano elementi di criticità non trascurabili nel caso in cui un’interruzione del circuito provocata dagli AFDD possa comportare situazioni di pericolo (es. locali medici di gruppo 2), panico (es. ambienti affollati), danni ingenti (es. sistemi informatici) o indisponibilità degli impianti di sicurezza.
Le nuove misure di protezione richieste dalla norma contro i guasti serie sono dettate dal fatto che i dispositivi di protezione contro sovracorrenti e guasti a terra risultano inefficaci in quanto:
- non vi è alcuna corrente di dispersione a terra, pertanto gli RCD (Residual Current Device – Interruttori differenziali) non possono rilevare il guasto;
- l’impedenza del guasto serie si somma con l’impedenza del carico provocando una riduzione della corrente sul circuito rispetto alla corrente di impiego IB del carico.
Le novità che influenzano direttamente o indirettamente la sicurezza antincendio degli impianti elettrici riguardano
- le misure di protezione contro i contatti indiretti nei sistemi TN;
- le regole di utilizzo degli interruttori differenziali in funzione delle caratteristiche distorcenti della corrente di guasto.
Per quanto riguarda, in particolare, l’ubicazione degli interruttori differenziali, l’articolo 531.3.5 richiama l’obbligo di installazione di questi ultimi “all’origine dell’impianto” che, nel caso delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ai sensi dell’Allegato I del DPR 151/2011, dovrebbe coincidere con l’esterno al compartimento antincendio alimentato, al fine di evitare che correnti di guasto a terra a monte dell’interruttore e all’interno del compartimento possano costituire una sorgente di innesco.
Al paragrafo 533.2 sono definite le regole per il dimensionamento delle protezioni da sovraccarico dei circuiti caratterizzati da un carico ciclico, richiedendo di scegliere la corrente nominale (In) e la corrente di sicuro intervento dei dispositivi di protezione (I2) in base ai valori di IB e IZ corrispondenti a carichi costanti, termicamente equivalenti a quelli effettivi. In tal modo si riduce il rischio che correnti di guasto deboli rispetto a IBmax (es. corto circuito non franco a terra) possano stabilirsi per lunghi periodi e, di conseguenza, rappresentare una potenziale sorgente di innesco.
Inoltre, per i circuiti caratterizzati dalla presenza di correnti armoniche, la variante richiede un sistema in grado di rilevare i sovraccarichi anche sul conduttore di neutro o, in alternativa, di applicare il fattore di correzione della portata Iz del cavo indicato nella tabella A.52.1 del Capitolo 52 e scegliere il dispositivo di protezione in funzione del valore di Iz ridotto.
Nel capitolo 538, infine, sono regolamentate le modalità di installazione dei dispositivi di controllo impiegati per far fronte al rischio di incendio.
In particolare, per gli IMD (Insulation Monitoring Device – dispositivi per il controllo dell’isolamento per i sistemi IT) la norma richiede che:
- vengano installati il più vicino possibile all’origine della parte dell’impianto da controllare;
- vengano fornite istruzioni agli operatori per il rilevamento di un difetto di isolamento, al fine di localizzarlo ed eliminarlo in maniera da ripristinare le condizioni normali di funzionamento con il ritardo più breve possibile;
- venga segnalato con allarme, udibile e/o visibile da parte delle persone avvertite o delle persone esperte, il primo guasto dell’isolamento nei casi in cui il sistema IT venga usato per la continuità di alimentazione;
- vengano regolati ad un valore inferiore rispetto all’isolamento normale del sistema, proponendo un valore tipico pari a 100 Ω/V (300 Ω/V per il preavviso) della tensione nominale del sistema.
Per i sistemi IT adottati ai fini della continuità di servizio, la Variante suggerisce di combinare l’IMD con i dispositivi di localizzazione del guasto, conformi alla Norma CEI EN 61557-9, la cui funzione è quella di rilevare il circuito guasto che ha provocato l’intervento del dispositivo di controllo dell’isolamento.
Per quanto riguarda gli indicatori di corrente differenziale (RCM – Residual Current Monitoring), in presenza di un interruttore differenziale (RCD) installato a monte, viene suggerito di regolare l’RCM ad una corrente differenziale di intervento non superiore alla metà della corrente differenziale di intervento nominale IΔn dell’RCD.
Anche nel caso degli RCM, deve essere previsto un segnale acustico e/o visivo rilevabile da parte delle persone avvertite o delle persone esperte (PAV e PES come definito nella norma CEI 11-27).
La Variante V4 della Norma CEI 64-8
L’applicazione del Regolamento UE 305/2011 (cosiddetto CPR – Construction Products Regulation) ai cavi elettrici ha obbligato le case costruttrici, a far data dal 1/7/2017, a rendere disponibile sul mercato cavi da incorporare permanentemente nelle opere da costruzione rispondenti alle seguenti Norme:
- UNI EN 13501-6 “Classificazione al fuoco dei prodotti da costruzione – Parte 6: Classificazione in base ai risultati delle prove di reazione al fuoco sui cavi elettrici” che descrive la procedura di classificazione di reazione al fuoco per i cavi elettrici;
- CEI EN 50575:2014 (+A1:2016) che individua le norme di prova applicabili ai fini del comportamento al fuoco e i sistemi di valutazione e verifica della costanza della prestazione (Allegato V 305/2011).
A livello nazionale, con la pubblicazione della Tabella CEI UNEL 35016 “Classe di reazione al fuoco dei cavi in relazione al Regolamento EU – Prodotti da Costruzione (305/2011)”, tra le 183 possibili combinazioni introdotte dalla Norma UNI EN 13501-6, sono state individuate quattro classi standardizzate di reazione al fuoco suggerendone anche le modalità di installazione.
La Tabella 1 riporta il dettaglio delle tipologie di cavo disciplinate dalla Norma CEI UNEL 35015 con l’equivalenza proposta rispetto alle prestazioni al fuoco dei cavi ante CPR.
A fronte di tali obblighi a carico dei produttori è stato necessario aggiornare la Norma CEI 64-8 al fine di disciplinare le modalità di impiego dei nuovi cavi, anche in funzione dei suggerimenti forniti dalla richiamata CEI UNEL 35016.
Le modifiche apportate riguardano pochi punti e, in particolare, gli articoli 527.1, 751.04.2.8 e 751.04.3. Nel caso di utilizzo di cavi almeno Eca secondo CEI EN 50575 (CEI 20-115) e altri prodotti con comportamento al fuoco richiesto dalla serie di Norme CEI EN 61386, in generale, non risulta necessaria l’adozione di ulteriori precauzioni contro il rischio di propagazione degli incendi.
In caso di rischi specifici di incendio connessi alla probabilità che si possa innescare/propagare un incendio e all’entità del danno conseguente, è raccomandata l’installazione di cavi con prestazioni di reazione al fuoco superiori.
La possibilità di impiego di condutture realizzate con cavi e altri elementi (per isolamento, supporto, fissaggio e protezione meccanica) di prestazioni inferiori è ammessa solo se incassate in strutture non combustibili oppure per la realizzazione di collegamenti di piccola lunghezza tra gli apparecchi e le condutture fisse.
In relazione ai cavi conformi al CPR è bene ricordare che il D.M. 3 agosto 2015, nell’ambito della misura antincendio “Reazione al fuoco” descritta nel Capitolo S.1, richiede che i cavi non facenti parte di “condutture non incassate all’interno di materiali incombustibili” siano rispondenti alle seguenti prestazioni di reazione al fuoco, individuate in funzione del profilo di rischio vita prevalente degli occupanti:
- attività con profilo di rischio vita (R vita) in B2, B3, Cii1, Cii2, Cii3, Ciii1, Ciii2, Ciii3, E1, E2, E3: cavi di tipo Cca-s1, d0, a2 lungo le vie di esodo;
- attività con profilo di rischio vita (R vita) in D1 e D2: cavi di tipo B2ca-s1, d0, a1 lungo le vie di esodo; cavi Cca-s1, d0, a2 in tutti gli altri
Tuttavia, a fronte delle previsioni del Codice, con laTabella CEI UNEL 35016 sono state standardizzate le 4 classi riportate nella precedente Tabella 1, nessuna delle quali verifica il comportamento al gocciolamento d0.
Un ulteriore problema si pone con le terminologie impiegate nelle note 2 e 3 della tabella S.1.7 del Codice, ovvero “condutture non incassate all’interno di materiali incombustibili” e “cavi posati a pavi- mento” visto che:
- la Norma CEI 64-8 utilizza la dizione di “condutture incassate in strutture (527.1.4, 52B)/muratura (521.2)/pavimento (Tab.52.B)”;
- la Norma CEI 11-17 – Linee in cavo, al punto 3.6 definisce “incassato” qualunque “tubo annegato in una parete, in una soletta o in un massello di calcestruzzo, senza spazi vuoti interposti. Ai fini della presente Norma si assimila ad un tubo incassato la cavità liscia e continua ricavata in un pannello prefabbricato, destinata (esclusivamente) a contenere cavi”;
- le due norme non disciplinano la modalità di posa in opera a pavimento.
Pur con le difficoltà del caso, la limitata disponibilità sul mercato dei cavi richiesti dal Codice non impedisce l’utilizzo dello stesso come strumento di progettazione, sia perché il requisito d0 per il gocciolamento può essere declassato a d1 qualora i cavi siano posati a pavimento, sia perché il Codice stesso prevede la possibilità di adottare, per ogni livello di prestazione, soluzioni alternative individuate secondo uno dei metodi ordinari di progettazione indicati nella Tabella G.2.1 del “Ca- pitolo G2”, con la possibilità di ricorrere all’applica- zione di norme o documenti tecnici di organismi europei o internazionali, come la Norma CEI 64-8 e la relativa Variante V4, tenendo presente che:
- le misure contro il rischio di propagazione delle condutture, come visto, sono state appena aggiornate con la Variante V4;
- l’obbiettivo di evitare che gocce di materiale infiammato ricadano su altri materiali combustibili determinandone l’innesco, perseguito dalle modalità di posa in opera riportate nelle note 2 e 3 della tabella S.1-7, può anche essere soddisfatto con qualunque altro alloggiamento previsto dalle Norme CEI 64-8 e CEI 11-17, realizzato in materiale incombustibile e con grado di protezione IP4X.
L’esame della Variante V4 della Norma CEI 64-8 non può non concludersi che con un breve cenno al recente D.Lgs. 106/2017 “Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 305/2011, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE” e, in particolare, all’art.20 “Violazione degli obblighi di impiego dei prodotti da costruzione”.
Detto articolo prevede che:
- il costruttore, il direttore dei lavori, il direttore dell’esecuzione o il collaudatore che, nell’ambito delle specifiche competenze, utilizzi pro- dotti non conformi all’articolo 5, comma 5, del sei mesi e con l’ammenda da 10.000 euro a 50.000 euro qualora i prodotti siano destinati a uso strutturale o a uso antincendio;
- il progettista dell’opera che prescrive prodotti non conformi a quanto previsto dall’articolo 5, comma 5, del presente decreto è punito con l’arresto sino a tre mesi e con l’ammenda da 5.000 euro a 25.000 euro qualora la prescrizione riguardi prodotti e materiali destinati a uso strutturale o a uso antincendio.
Tali sanzioni sono applicabili dall’entrata in vigore del Decreto (9/08/2017) visto che il regolamento sulle disposizioni procedurali di cui all’art.18 riguarderà soltanto le sanzioni amministrative e pecuniarie e non le pene dell’arresto e dell’ammenda, per i quali trovano applicazione le vigenti norme penali.
In merito all’applicabilità delle sanzioni, tuttavia, bisogna fare particolare attenzione al contenuto dell’articolo 5, comma 5 del Decreto stesso, il quale recita testualmente “L’impiego nelle opere di un prodotto da costruzione è soggetto, per i materiali e prodotti per uso antincendio, alle disposizioni adottate dal Ministro dell’interno ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.139”. Orbene, fatto salvo il Codice di prevenzione incendi, peraltro strumento di progettazione che può essere scelto volontariamente, nessuna regola tecnica cogente emanata, ad oggi, dal Ministero dell’interno disciplina le modalità di impiego dei cavi permanentemente incorporati nelle opere da costruzione, limitandosi a richiamare (e non sempre, come ad esempio con il DM 09/04/1994 e s.m.i sulle attività ricettive turistico e alberghiere, il DM 26/08/1992 e s.m.i. sull’edilizia scolastica, il DM 01/02/1986 sulle autorimesse), gli obblighi generici sulla libera commercializzazione dei prodotti.
Per quanto sopra, ai fini dell’applicazione del D.Lgs. 106/2017, per i cavi CPR sussistono le seguenti problematiche applicative:
- nessuna regola tecnica, escluso il Codice, contiene una disciplina sulle modalità di scelta dei cavi conformi al regolamento 305/2011/UE;
- i decreti di pubblicazione delle regole tecniche di prevenzione incendi specificano la disciplina generale sulla libera commercializzazione dei prodotti ad uso antincendio;
- a fronte della richiamata disciplina sulla libera commercializzazione dei prodotti, gli strumenti di selezione dei cavi sono di tipo volontario (norme tecniche emanate dal CEI) potendo essere sostituite da una progettazione basata sui principi della valutazione del rischio ex articolo 80 e sull’applicazione dei requisiti di sicurezza ex articolo 81 del Lgs. 81/08, fermo restando l’obbligo di impiego di cavi legittimamente disponibili sul mercato presente decreto è punito con l’arresto sino a per l’uso previsto.